Allopatia e Omeopatia
Il problema della malattia e della guarigione viene affrontato in Medicina in due maniere diametralmente opposte: quella allopatica e quella omeopatica.
Per la prima visione i sintomi sono fenomeni causati da fattori esterni all’organismo e vanno combattuti con metodologie dirette contro i sintomi stessi. La malattia coincide con la presenza dei sintomi; la loro assenza, all’inverso, costituisce lo stato di salute.
Per la Medicina Omeopatica i sintomi sono invece preziosi indizi di un male più profondo, la cui causa sono Forze non materiali, i “Miasmi“, i quali non possono essere indagati con metodi materialistici. La vera cura consiste nel favorire l’azione della Forza Vitale dell’organismo, che, prevalendo sui Miasmi, ristabilirà l’equilibrio globale, l’armonia tra i vari organi ed apparati. Questo, tramite l’uso di medicine, i rimedi, non contrastanti, ma simili all’agente che provoca la malattia stessa.
Esistono in medicina due tipi di approccio metodologico che affrontano il problema della malattia e della salute da due punti di vista che potremmo definire agli antipodi.
Prima di mettere a confronto queste due visioni è necessario accennare a due correnti di pensiero che ne sono il presupposto: il Materialismo ed il Vitalismo.
Si tratta di due modi opposti di concepire l’Universo e la Vita.
Per il Materialismo la realtà esiste in quanto materia fisica, sperimentabile esclusivamente attraverso i sensi. Da ciò deriva che il corpo umano viene concepito come una sofisticata macchina: uno strumento fisico-chimico in equilibrio dinamico con l’ambiente, che si muove retto da leggi meccanicistiche dettate dal determinismo rigido tra causa ed effetto. E’ un apparato composto di molte parti, pezzi, organi. Quando tutto ciò funziona bene, abbiamo quel che si definisce “salute”. La malattia è vista qui come un evento casuale, afinalistico, in fondo come un guasto del sistema, dovuto ad un agente esterno che va a perturbare una parte, un organo, o un apparato. In realtà non ci si preoccupa troppo delle eventuali interazioni della porzione lesa con il resto dell’organismo.
Per il Vitalismo, le cui origini possiamo collocare al principio del XIX secolo, invece il presupposto fondamentale è il seguente: ogni elemento vivente che esiste in natura è la manifestazione materiale di una causa immateriale che lo precede, anima e sostiene, e che ne è quindi il fondamento.
Secondo la visione Vitalistica, l’uomo è un sistema integrato costituito da tre livelli interdipendenti: livello fisico, livello mentale, livello emozionale.
Il vitalismo usa un linguaggio analogico e ha un approccio olistico: trattando del corpo umano fisico, tende ad integrare ognuna delle parti in un sistema correlato, dove ogni tessuto, organo è interconnesso con gli altri componenti dell’organismo.
L’essere umano è quindi un tutto unico, inscindibile, in cui i vari organi e funzioni fanno parte come di una rete in cui ogni frazione è collegata; ciò che tiene unite le parti, che dà un senso, anima la materia è un “quid” non materiale.
Veniamo ora a trattare dei due metodi ci cura, l’allopatia e l’Omeopatia.
Il termine “allopatia” (dal greco: alloios = diverso e pàthos = sofferenza) è stato creato da Hahnemann ed è riferito al sistema di cura che utilizza medicamenti che producono forzatamente nell’organismo in cui vengono introdotti uno stato opposto allo stato di malattia: può essere definita come la “medicina dei contrari”. Questo è il metodo della medicina convenzionale, fondata sul materialismo. Essa si preoccupa di catalogare minuziosamente una lunghissima serie di malattie da sconfiggere e ha specialmente l’obiettivo di giungere alla soppressione dei sintomi esterni, spesso identificati con la malattia stessa. Utilizza farmaci “anti-“: antibiotici, antivirali, antitumorali, anti ipertensivi, anti diabetici, ecc. Possiamo dire che la “medicina dei contrari”.
Il termine “omeopatia” deriva dal greco: omoios = simile e pàthos = sofferenza.
Usiamo le parole di Hahnemann per descriverlo: “Per guarire una malattia bisogna somministrare all’individuo che ne è affetto un rimedio che provocherebbe, se fosse sano, la malattia che lo affligge”. Ciò significa che il rimedio adatto a guarire è un qualcosa di simile, anzi il più simile possibile alla malattia dell’individuo; qui è completamente estraneo il concetto di lotta, di guerra contro. Il medicamento è solo quello che facilita la reazione dell’organismo, il processo che quest’ultimo compie da sé per ristabilire la propria salute, ritrovando l’equilibrio.
Il presupposto che sta a fondamento dell’Omeopatia di Hahnemann è il concetto vitalistico di “Forza Vitale”. Per il Maestro è questa la causa immateriale che precede e rende vivo tutto ciò che è materiale (che ne è, quindi, un effetto). Le sostanze materiali che compongono l’organismo umano non seguono più le leggi a cui sono soggette le medesime sostanze quando esistono nelle condizioni di “esseri inanimati”. Esse sono regolate solamente delle Leggi proprie della “Vitalità”.
“Non possiamo paragonare il fatto che la vita umana si ‘salvi’ da sola con nient’altro al mondo: né con un meccanismo di orologio, o una macchina idraulica, né con i processi chimici o con la scomposizione dei gas….; in breve con nulla che sia privo di vita. La vita umana non è regolata in alcuno dei suoi aspetti dalle leggi puramente fisiche” (Materia Medica Pura – S.Hahnemann).
Dall’Organon – S.Hahnemann (paragrafo 9): “Nello stato di salute dell’uomo la Forza Vitale, vivificatrice e misteriosa, domina in modo assoluto e dinamico il corpo materiale, e tiene tutte le sue parti in meravigliosa vita armonica di sensi e di attività, in modo che il nostro intelletto ragionevole si possa servire liberamente di questo strumento sano e vitale per gli scopi superiori della nostra esistenza”.
La Forza Vitale può andare incontro a squilibri: in tale caso comparirà la malattia. Quelli che si manifestano ai nostri occhi (i sintomi) sono solo gli effetti; le cause sono sempre immateriali ed invisibili. La patologia è l’ultima manifestazione, mentre il primo anello della catena è la “scordatura” della Forza Vitale. Da queste premesse deriva che è inutile indagare le cause prime del perché ci sia ammala: sono immateriali, non appaiono ai sensi; ci si deve basare sui sintomi, su ciò che ci può apparire in modo visibile; è proprio il corpo, attraverso la legge della similitudine, che ci dirà dove è la scordatura della Forza Vitale e ci indicherà il rimedio per guarirlo. Per questa ragione i sintomi di malattia sono molto preziosi, e non vanno assolutamente soppressi.
Dal paragrafo 11 dell’Organon: “Quando l’uomo ammala, dapprincipio è perturbata soltanto questa forza vitale… dall’azione nemica alla vita dinamica di qualche agente patogeno. Unicamente il principio vitale perturbato ad uno stato anormale può determinare….quello che noi chiamiamo malattia. Di fatti questa potenza, per sé invisibile e riconoscibile solo nelle sue manifestazioni, nell’organismo mette in evidenza la sua perturbazione morbosa sotto forma di malattia nei sentimenti ed attività, l’unica parte dell’organismo aperta si sensi dell’osservatore del medico, rilevabile dai sintomi del male, e da null’altro”.
Ora, se si vuole agire sulle cause, che sono immateriali, come possiamo fare? Dobbiamo utilizzare delle sostanze “immateriali”, o potremmo dire “dematerializzate”. Per questo Hahnemann introduce la diluizione e la dinamizzazione. Con il primo procedimento si parte da un qualcosa di materiale, per arrivare a non avere più molecole presenti, per arrivare all’”essenza” di quell’elemento. Si riduce sempre più l’aspetto materiale, al fine di trovare la Forza Vitale delle sostanza stessa. Con la dinamizzazione si imprime una Forza, Dynamis, che permette al rimedio di potersi confrontare ed interagire con la Forza Vitale stessa.
Va da sé che questi due diversi modi di curare, l’allopatia e l’omeopatia, stiano agli antipodi, e non siano conciliabili tra loro. Mentre l’Omeopatia cura in profondità stimolando le forze di autoguarigione, insite nell’organismo stesso, il metodo allopatico sopprime i sintomi delle malattie, senza agire in alcun modo sulle forza patogenetiche che affliggono l’Energia Vitale.
Abbiamo raggiunto ora un punto centrale del pensiero hahnemanniano: quali sono le reali forze in grado di perturbare la Forza Vitale? Per il Maestro deve trattarsi di entità immateriali a loro volta, in grado di poter agire sulla immaterialità della Forza Vitale in modo tale da portarla fuori dal suo equilibrio. Ecco che Hahnemann chiama in causa i Miasmi: per definizione: “forze patogenetiche ereditarie (che si possono fare risalire fino a 7 generazioni antecedenti) o acquisite, trasmissibili da una generazione all’altra, che segnano in profondità la Forza Vitale della persona, determinandone la sua individualità costituzionale, morfologica, funzionale e caratteriale, nonché la sua predisposizione morbosa e l’evoluzione della sua patologia”.
“Non è il microbo la causa della malattia. Non lasciamoci fuorviare da queste fantasie inconsistenti, ma preoccupiamoci di correggere la Forza Vitale del paziente, perché è la sua alterazione a causare ogni patologia” ( Kent, Aforismi e massime – 224).
La radice della malattia è quindi il Miasma: il Miasma non è la malattia, bensì la condizione che precede e predispone allo sviluppo della malattia stessa in quel preciso individuo.
La nostra vita si svolge tutta in presenza di questo contrasto: da una parte la Forza Vitale che spinge, possiamo dire, inesorabilmente verso la salute; dall’altra il Miasma che ci trascina nella direzione opposta. In base all’esito di tale contrasto, la nostra sarà un’esistenza di maggiore o minore salute. Al termine del tempo che ci è stato assegnato sulla terra, la nostra Energia Vitale si esaurirà. Tutti moriamo, ma non è detto che dobbiamo necessariamente morire “per qualcosa”. Siamo stati creati per un’esistenza di salute, per poter compiere il fine più alto che ci è stato assegnato.
E questo è l’obiettivo del medico: “La più alta, l’unica missione del medico è quella di ridare la salute alle persone sofferenti, ciò che si chiama guarire” (Hahnemann, Organon, paragrafo primo). “La guarigione ideale è la restaurazione rapida, dolce, duratura della salute, ossia la rimozione del male nella sua totalità nel modo più rapido, più sicuro ed innocuo, e per ragioni evidenti” (ibidem, paragrafo secondo).
In conclusione: la malattia, vista con gli occhi del medico allopata, è sempre un evento afinalistico e dannoso, che va combattuto con ogni mezzo. Il suo è sempre, in fondo, un atteggiamento di guerra contro qualcosa. Anche il linguaggio con cui la medicina allopatica si esprime è guerresco: lotta contro… guerra contro… strategia contro…; di qui l’utilizzo di farmaci anti – (antibiotico, anti virale, anti micotico ecc.).
Il medico omeopata ribalta questo concetto: la malattia vista come l’espressione dello sforzo di guarigione della Forza Vitale, nel tentativo di recuperare l’equilibrio dell’organismo. Il sintomo viene visto come un prezioso segnale, e come tale non va assolutamente combattuto in modo fine a se stesso.
Permettetemi di ricordare, in conclusione, il pensiero (stupefacente per la sua attualità) del sommo filosofo Platone: “Ci sono due tipi di medicina. Quella degli schiavi e quella degli uomini liberi. Quella per gli schiavi (sintomatica) deve rimuovere rapidamente il sintomo, perché possano tornare al più presto al lavoro. Quella per gli uomini liberi (eziopatogenetica) deve capire il sintomo, il suo significato per la salute complessiva del corpo, per l’equilibrio della persona e per la sua famiglia”.
Lascio a voi desumere in quale dei due contesti si collochino i due metodi di cura che abbiamo descritto.